Come si diventa collezionisti di un artista l’ho scoperto quando mi sono trovato tra le mani due dipinti di Edoardo Fraquelli, un pittore che fin lì non avevo mai incontrato. La sua opera mi svelava d’improvviso delle emozioni tali da commuovermi come si trattasse di un primo amore, di una rivelazione improvvisa.
Dalla visione dei dipinti al bisogno irresistibile di averli in mano fisicamente, di possederli, il passo fu estremamente breve; d’altronde almeno nei primi tempi, attuare quel mio desiderio non fu affatto difficile. I dipinti di Fraquelli erano infatti per la gran parte relegati nei solai, nelle cantine, o addirittura come tappabuchi di finestre o di mobili sforacchiati dai topi.
Mi si perdonerà questo sfogo autobiografico che ha la sola motivazione di chiarire a me stesso il perché dell’emozione provata e di trasmettere agli altri questo mio amore e questa mia ammirazione. Chi credesse, che la mia sete do quel nuovo messaggio pittorico si appagasse con l’appendere nella mia casa i primi quattro o cinque quadri di Fraquelli, si sbaglierebbe. Le rivelazioni di me stesso che quella pittura mi comunicava sempre più profondamente attingendo alla mia fantasia non si attenuavano, né le crescenti difficoltà che ormai incontravo nello scoprire e nell’acquistare questi quadri, valevano certo a frenarmi. Anzi, col mio approfondire — anche dal vivo — il caso Fraquelli, quel mio impegno s’accresceva, perchè, alla necessità di scoprire e di conoscere, si aggiungeva adesso quella di “dare una mano”, il più validamente possibile, all’autore. L’avevo infatti conosciuto e, pur nel suo isolamento, avevo preso a frequentarlo sicché quei dipinti mi apparivano sempre più il salvagente, la molla autentica per il suo riscatto esistenziale.
Raccontarvi ora, dirvi tutte queste vicende, le cronache di quel mio progressivo avvicinarmi al pittore sfortunato e sofferente sarebbe far della cronaca letteraria il che detesto anche se questo mio sfogo (questa mia autogiustificazione di fronte a me stesso e agli amici) potrebbe farlo credere; in realtà confesso di non essermi mai sentito così vivo come in questi anni di scoperta - ricerca di un uomo e della sua passione artistica.
Non so se Edoardo Fraquelli ha tratto qualche giovamento dal mio affetto; mi ha promesso che presto mi reciterà una delle sue ultime poesie, quelle che in questi anni non ha scritto ma ha invece mandato a memoria, come fossero piani di una congiura o di una evasione dal carcere sempre più stretto nel suo io. Mi è parso anche felice che si sia pensato di fargli una mostra, come se d’improvviso la vita gli lanciasse un “rampino” verso la libertà. Infine, da qualche tempo a ripreso a dipingere; come, non lo dico perché non oso né lo ritengo opportuno: questa è una storia che s’apre al futuro.
Per ora devo esprimere la mia gratitudine a quanti mi hanno consigliato e aiutato in questa impresa, dai pittori Angelo Dozio e Enrico Gaudino al critico d’arte Giorgio Mascherpa al direttore dell’Ospedale Psichiatrico di Como Dottor Andreani al medico primario Dottor Nicastro e per il resto, affidarmi con trepidazione, a quanti visiteranno la mia mostra per Fraquelli.
Aldo Consonni
Dal catalogo della mostra Un’acerba estate